Felicita siede ad un tavolo nei pressi della Fondazione Arca,
nell’attesa dell’ultimo via libera per iniziare il suo tirocinio. Tiene in mano un pennarello arancione, accarezza il foglio, disegna una faccia da clown: lo schizzo che ripete da quando è bambina e con cui da due anni a questa parte, da quando è diventata mamma, colora le giornate della figlia. È un disegno-ritratto il suo perché quella faccia felice ora – confessa – è la sua, alle porte dell’inizio del tirocinio che grazie a SAFE le ha aperto i cancelli dell’Opera Pia Bartolomei-Castori di Foligno, una struttura residenziale per anziani che restituisce dignità e cura ai soggetti più fragili della terza età.
“Sin da piccola il mio sogno era di mettermi a servizio degli altri. A scuola andavo male ma ero la prima ad avere certe attenzioni e che raccoglieva la gomma in terra se era caduta a qualcuno. Così a 7 anni un giorno sono entrata in cucina e ho detto a mia mamma: ‘Voglio andare in Africa’. Poi, crescendo, quel ‘Voglio andare’ è maturato e si è allargato: ‘Voglio aiutare gli altri’”.

Così in 35 anni si sono susseguiti tanti lavori fino all’Africa
– quella vera – che Felicita ha scoperto prima in Mozambico, poi in Tunisia e infine in Kenya dove ha prestato servizio come missionaria. Fino a che, rientrata in Italia, sono arrivate le responsabilità e diventata moglie e mamma alle porte del primo lockdown il mondo del lavoro ha iniziato a chiuderle i battenti. “Facevo la donna delle pulizie e al quinto mese ho dovuto smettere. Con l’arrivo della pandemia è stato difficile riprendere. Così mi sono rivolta al Centro di Ascolto della Caritas”. È in questo modo che la Fondazione Arca del Mediterraneo, in collegamento con il Centro di Ascolto, le ha lanciato un salvagente: quello di SAFE.
Felicita, però, non è sola:
a Foligno, nel cuore dell’Umbria, la Fondazione Arca è al lavoro per inserire altre 2 persone in percorsi di tirocinio e per accompagnarne altre 3 verso corsi di formazione entro ottobre 2022 mettendo al centro bisogni, talenti e competenze per ri-tornare a galla.
Per afferrare questo salvagente e mettersi al sicuro, racconta Felicita, c’è però un segreto.
“È stata l’Africa a insegnarmi come affrontare le difficoltà che stavo attraversando. È una realtà che cambia in continuazione e in cui chi ci sta dentro deve saper fare ‘la faccia rossa’ e saper chiedere aiuto. Chiedere non è affatto una vergogna, anzi: se vuoi farcela per la tua famiglia è una necessità” confessa accarezzando il piccolo rosario che le cinge il polso, segno della speranza che, come ripete spesso, l’ha sempre resa viva come un motore. “Non vedo l’ora di iniziare questa esperienza. Ho voglia di dare e di riprendere in mano la mia vita. Ognuno è nato per qualcosa. Io sono nata per aiutare gli altri e grazie a questo tirocinio posso continuare a farlo.” E il miglior augurio è quello dello che le rivolge il suo stesso ritratto.
“Ridi che la vita ti sorride” appunta alla fine nel suo disegno.
E oggi Felicita sogna già di prendere la patente e di prendere il largo oltre le sue paure.
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